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Metta: ovvero come praticare la gentilezza amorevole

La gentilezza amorevole o Metta (verso te stesso e verso gli altri) non è solo un modo per sentirsi più connessi con il prossimo, ma è anche un’abilità che, se coltivata, può renderti più felice.
Si chiama Helper’s High (euforia dell’aiutante) e si innesca quando aiutiamo qualcuno e ci preoccupiamo davvero per il suo benessere.
La sensazione di ricompensa che otteniamo dalla nostra stessa compassione innalza i livelli cerebrali delle endorfine e porta gioia e vicinanza con la persona che stiamo aiutando.

La pratica di METTA o gentilezza amorevole

Nel Buddismo esiste una pratica, chiamata appunto Metta, che ci permette di avvicinarci per gradi all’esercizio della gentilezza amorevole e alla positività che questa comporta all’interno delle nostre vite.

La pratica di Metta “classica” è suddivisa in 5 passaggi.
Il primo consiste nell’augurare il bene e la felicità a se stessi, il secondo a un benefattore oppure a una persona di indubbia bontà (anche se non conosciuta personalmente), il terzo a una persona cara o familiare, il quarto a una persona neutrale o sconosciuta, il quinto a una persona con cui abbiamo una relazione difficile.
Per noi occidentali, però, a volte risulta difficile proprio il primo passaggio, cioè quello di rivolgere la compassione verso se stessi.
Se ti sembra che sia così, puoi semplificare, modificando l’ordine e procedendo in questo modo:

1. Metta verso le persone care

Quando una persona a noi cara sta soffrendo, è facile che scatti in noi un sentimento di compassione e un desiderio di aiutare. Il vero scopo di questa pratica, però, è sentirsi vicini alla persona che soffre senza voler risolvere il problema a tutti i costi e senza lasciarsi travolgere dal dolore di chi ci sta accanto.
La prossima volta che ti trovi in questa situazione, invece di iniziare a “fare” qualcosa per aiutare, prova semplicemente a offrire un abbraccio dal profondo del cuore.

2. Metta verso te stesso

Dopo aver sperimentato, per il tempo che ritieni opportuno, la gentilezza amorevole verso le persone care, puoi provare a dirigerla verso te stesso.
A volte, siamo così preoccupati del giudizio altrui e siamo così poco compassionevoli nei nostri stessi confronti, che la vita diventa meno bella di quello che potrebbe essere.
Per attingere alla gentilezza amorevole nei confronti di te stesso puoi ripensare ad alcuni momenti in cui qualcuno ha manifestato nei tuoi confronti affetto, stima e generosità autentiche.
Rivivi il ricordo più volte con tutto il tuo corpo e la tua mente, ti aiuterà a rafforzare dentro di te la sensazione di avere un valore e di meritare compassione e gentilezza anche da parte di te stesso.

3. Metta verso gli sconosciuti

Potrebbe sembrare strano, ma essere gentili e partecipi della sofferenza e della vita altrui è un’abilità innata nell’essere umano. Fin dalla nascita, è presente in noi questa propensione. Infatti, può succedere che, se in una stanza ci sono più neonati e uno di questi inizia a piangere, non ci vorrà molto prima che anche gli altri lo seguano.
Praticare la compassione non è quindi un modo per sviluppare una nuova capacità, significa solo tornare a un istinto che è già in noi ma che spesso non ascoltiamo più.
Ci sono molti modi per praticare la gentilezza amorevole verso uno sconosciuto. Si possono scambiare due chiacchiere gentili con una persona che si incontra nel percorso verso l’ufficio e a cui non ci si è mai rivolti prima. Si può offrire il caffè al bar alla persona in coda dietro di noi oppure ancora, fuori dal supermercato, si può dare una mano a una mamma che sta caricando in automobile diverse borse della spesa.
È solo questione di tempo e di esercizio ma, continuando a notare i gesti gentili attorno a noi durante la giornata e a praticarne intenzionalmente alcuni, a poco a poco la gentilezza amorevole entrerà sempre di più a fare parte della tua vita regalandoti maggiore equilibrio e gioia.